J’accuse del 15/01/14 sulla strategia dietro il riabbasso del prezzo del petrolio nei mercati mondiali.
Esiste da tempo un chiaro convincimento che per abbattere l’economia
dei paesi nemici ogni arma è buona, purché questo stesso nemico smetta di dare
fastidio a coloro che vogliono controllare il pianeta. Da settembre scorso il
prezzo del barile di petrolio sta calando. Ben per noi, giustamente direbbe un
attento osservatore, dal momento che tale calo ha inciso molto sulle nostre
tasche e soprattutto sui prezzi al consumo, e magari sulla ripresa economica
sempre incerta e lenta nei paesi occidentali e non. Ma la domanda che si
pone: come mai questo è avvenuto? E quali sono gli obbiettivi di tale manovra?
La risposta è chiara come il sole: i paesi produttori in seno all’Opec si sono divisi in due gruppi:
A- I paesi sunniti capeggiati dall’Arabia Saudita
B- Paesi come l’Iran, la
Russia , il Venezuela, i quali perseguono politiche autonome e
tradizionalmente ostili al nuovo ordine mondiale.
Non vorrei annoverare la causa o le cause che hanno portato
a questa divisione dell’Opec, ma certamente quello che sta avvenendo in
Medio-oriente e che ha visto in quest’ultimi anni l’acuirsi della guerra civile
in Iraq, Siria, yemen, Libia... ha un legame diretto. La Russia e l’Iran- con il loro programma nucleare e ambizioni
di leadership , rispettivamente mondiale e regionale - principali sostenitori del regime di Assad sono nel
mirino: “il barile del sangue al posto del barile petrolio. La strategia va
bene per l’Occidente consumatore, ma non lo è altrettanto per le casse di
questi paesi. Ieri il presidente iraniano Mosawi ha avvertito: che sia ben
chiaro, “il calo del prezzo del petrolio non inciderà sull’economia iraniana nella
stessa misura in cui lo farà per i paesi sunniti”. E’ una lunga a lungo termine
di cui nessuno sarà il vincitore.
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