J’Accuse del 23/02/2018 Elezioni 2018 the day
after- il giorno dopo
In quest’intensi giorni che ci separano dalle
elezioni politiche 2018, ci domandiamo spesso a che cosa servirà di andare a
votare se sappiamo già che da queste elezioni, data la legge elettorale in
vigore, non uscirà di certo nessuna chiara maggioranza politica. Andare a
votare è un diritto costituzionale e soprattutto un dovere civico, ma la
politica vecchio stampo, fatta di clientelismi e di abusi ha fatto sì che quest’esercizio
della sovranità venga proprio vanificato da questa legge elettorale e dai
conseguenti inciuci e complotti di palazzi che ci riserverà il giorno dopo le elezioni
politiche del 4 marzo prossimo.
Abbiamo visto come nulla o quasi nulla è
cambiato sullo scenario politico italiano. Anzi, a parte la non più novità,
direi rappresentata dal M5S, c’è una chiara involuzione del sistema
politico italiano con l’affermazione delle destre: il ritorno di Berlusconi, l’ascesa
della Lega, non più Lega Nord ma nazionale, dell’ambizioso e arrogante
Salvini e gli ex, non più ex del Movimento sociale, attuali Fratelli d’Italia.
Questo coacervo di destre, frutto di una formula vecchia ma sempre “vincente e
miracolata”, è stato premiato dal popolo siciliano nelle passate elezioni
regionali un mese e mezzo fa, sconfiggendo il M5S in uno dei suoi maggiori
feudi elettorali e l’agonizzante PD Renziano. La lezione siciliana per così dire,
a seguito dell’acuirsi delle tensioni sociali e politiche, strumentalizzate ad
arte da Salvini e dai Media Berlusconiani, rischia di ripetersi a livello
nazionale, ridando lo scettro perduto all’ex cavaliere e all’Armata Brancaleone
che lo sostiene. Quest’ipotesi di raggiungimento del quorum del 40% previsto
per formare un governo rimane l’unica probabile in campo, ma è sempre una
ipotesi fantascientifica, perché nessuno al mondo immaginerebbe ancora un
Berlusconi regista e dirigente di un governo italiano, data la sua
incandidabilità.
L’altra ipotesi ossia quella del
raggiungimento del 40% da parte dei candidati grillini non è solo
fantascientifica, alla luce degli ultimi risultati elettorali sia regionali che
locali, ma è chiaramente impossibile se si guarda la realtà politica italiana
con tutte le sue sfaccettature, clientelismi politici e specificità regionali.
Se usiamo il linguaggio del realismo politico occorre prendere atto di una cosa
chiara come il sole: il M5S non brilla più come esso brillava 5 anni fa. Non
sarà mica l’illusorio reddito di cittadinanza a persuadere gli italiani a
votarlo o ancora l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti o ancora
le promesse di un maggior sostegno alla piccola e media impresa. Tutto questo programma
o insieme di promesse avrebbe un senso se fosse appoggiato da un ampio appoggio
popolare. Ora di popolare, oltre alle Comunarie e alle parlamentarie, che
raccolgono qualche decina di migliaia di partecipanti, vi è ben poco.
L’assenza di Grillo pesa. La sua
incandidablità ancor di più. Il M5S forgiato da Di Maio sembra più un partito
tradizionale che un Movimento rivoluzionario e innovatore. E allora che
votare? Se parliamo, inoltre, delle difficoltà incontrate nel governo delle
città, viene ancora meno il carattere popolare e ancora di più quell’efficienza
e quelle capacità necessarie per risolvere i problemi del paese, a cui ora Di Maio
tenta di ovviare selezionando i suoi parlamentari e la squadra dei ministri del
suo governo. Perché il M5S possa brillare ancora, occorrono nuove idee e nuovi
slanci, ma anche quel consenso popolare che Di Maio sta cercando
instancabilmente in tutto il paese. E allora staremo a vedere. Il 5 marzo ce lo
saprà dire meglio, ossia the day after, il giorno dopo le prossime elezioni
politiche più noiose della storia della Repubblica italiana.
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