J’Accuse del 11/03/2018 Dialogo immaginario tra Renzi e Di Maio
Se il M5S in questa tornata elettorale ha triplicato i suoi
voti in parlamento, ottenendo quasi il 33% dei suffragi, questo è dovuto non
solo alla bravura e alla combattività dei Di Battista e Di Maio e di tutti gli
altri militanti che girato il paese in lungo e largo e convinto con il loro
discorso politico innovativo e in qualche modo rivoluzionario, perché si
prefigge degli obiettivi in materia economica e sociale che nessun’altra formazione
nel paese, abbia mai fatto. Proprio per il fatto che il M5S sia un partito antistemmo
per definizione, questa caratteristica aveva fatto di quest’ultimo e ne fa
ancora un partito dal consenso crescente in un momento di crisi economiche crescenti .
Qualunque segretario di partito sia esso di destra o di sinistra, avendo di
fronte un partito come il M5S con il programma e le promesse elettorali quali
il reddito di cittadinanza, era ed è ben consapevole, che qualunque
programma competitivo
con quello dei grillini, non poteva non tenere in considerazione le loro
promesse. Si doveva scendere in campo in una guerra di comizi elettorali
dove chi avrebbe fatto più promesse elettorali avrebbe vinto.
Ed è proprio ciò che balenò a Renzi un frangente dopo aver
appreso la notizia che il suo partito ha subito una amara e storica sconfitta.
Guardando la mappa elettorale il giorno seguente si accorse che tutto il
meridione è diventato grillino e persino le roccaforti del suo partito come la
Romagna e l’Emilia Romagna sono andate ai suoi avversari.
Che cosa non è andato bene? Si chiese smarrito. Abbiamo
governato un paese per cinque anni, abbiamo fatto molte cose, ma non abbiamo
convinto. Non c’è peggior nemico di chi non ci aveva fatto le critiche giuste e
illuminato il nostro cammino. Renzi scoppiò in lacrime tra le braccia della
moglie e disperato gli sussurrò: avrei dovuto anche io promettere il reddito di
cittadinanza. Sì sì ma noi siamo comunisti! Che cosa avrebbero detto i nostri
amici banchieri, gli industriali che ti sostengono, l’Europa che ti sostiene? Replicò
la moglie. Poi aggiunse: chiama ora Di Maio e congratulati con lui. E’ la cosa
giusta da fare in un paese democratico.
Renzi alzò il telefono e chiamò Di Maio:
-
Pronto Di Maio?
-
Pronto Renzi, sei tu?
-
Sì sono io, disse
abbattuto!
-
Hai visto siamo
diventati una forza politica nazionale, il primo partito. Ora tocca a noi il
governo del paese
-
Sì, ho visto. Ma devi
dire grazie. Capito!
-
Grazie a chi?
-
A me, a me, ripeté Renzi
-
A te, ma siamo
scherzando. Perché ti devo ringraziare?
-
Perché grazie alle
politiche liberali e poco sociali dei miei governi voi avete vinto. Ci siamo scordati del popolo. Ora mi rendo
conto che il nostro “Reddito d’inclusione” e il Job Act non sono serviti a
nulla. La gente, i giovani ci hanno penalizzato. La colpa è mia. Sono
disperato.
-
La colpa è tua. Questo
lo sappiamo. Tu affidi il paese ai professori che abbiamo selezionato.
-
I professori, ripeté
Renzi. E aggiunse: voi non avete nessuna classe dirigente. Affidate il paese a
delle persone che potrebbero ancora affondarlo negli abissi. Ahi, questa volta
non ne uscuremo più.
-
No, no, replicò Di Maio.
Ne usciremo, ne usciremo…vedrai che anche a te daremo il Reddito di
cittadinanza e scoppiò in una sarcastica risata
-
Anche noi durante le
prossime elezioni prometteremo il Reddito di cittadinanza, disse Renzi e
scoppiò anche egli in una risata liberatoria.
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