J’Accuse del 20/04/2018 sull’assassinio di
Marco Vannini- Una sentenza vergogna
Se dovesse risvegliarsi l’illuminato Giuseppe
Beccaria, uno dei massimi illuministi e giuristi italiani dell’ottocento,
direbbe che le pene emesse dalla giustizia in questi così tempi così difficili e
così infestati da crimini orrendi, sono troppo lievi e ben lontane dalla finalità
fondamentale, che egli aveva immaginato alla loro base: cioè coniugare tra il
fatto di far scontare la pena e la tanto sperata e ricercata rieducazione del
condannato. Ora non è la prima volta che si riscontrano delle sproporzioni tra
gravità del crimine commesso e pena emessa dalla giustizia. Abbiamo assistito
in quest’ultimi anni a tanti casi di pene molto tenere rispetto al crimine
commesso. E ci viene in mente di domandarci per quale ragione i giudici
emettono sentenze che sono percepite come un insulto alla giustizia. Devo
ammettere che io personalmente preferisco non occuparmi di fatti simili, ma
avendo anche io sentito le urla della madre mentre usciva fuori da quella aula,
promettendo che avrebbe rinunciato ai suoi diritti politici, allora potete
capire la ragione e la mia stessa rabbia e disappunto. Se noi riflettessimo sul
fatto che Marco Vannini, un ragazzo ventenne, ucciso dall’incuria e dall’omertà
di quella famiglia, potrebbe essere ancora in vita se fosse stato soccorso
immediatamente dopo quel maledetto fatto, allora ci domandiamo perché e che
cosa ha impedito a quella famiglia di soccorrerlo? Hanno preso alla leggera
quelle ferite e quelle urla che abbiamo tutti sentito. No! Non è affatto condivisile
questo modo di amministrare la giustizia. Le sentenze debbono essere sì
clementi e rieducative ma devono anche e soprattutto far scontare al criminale
la pena giusta.
Il nostro paese ne ha di pene da scontare con
tutte le mafie e le criminalità che rimangono impunite o perché lo stato è
latitante o perché la giustizia non è in grado di impedire ai criminali di
reiterare i loro crimini. Basta con questo approccio poco edificante e direi
soprattutto molto discutibile. Se il pubblico ministero abbia chiesto pene
severe, non si capisce perché un giudice abbia deciso diversamente. Gli sconti
di pena sono un’offesa alla giustizia e devono intervenire in fasi successive,
quando la rieducazione del condannato abbia raggiunto un livello di credibilità
ben provato. Infine vorrei dare la mia solidarietà a quella mamma. Marco
Vannini vivrà per sempre con noi.
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