J’Accuse del 3/07/2018 sull’illusione degli altri
trenta ‘anni con Salvini
Si direbbe mutuando questo titolo da uno dei
film italiani più drammatici e simbolici degli anni novanta “ Vesna va veloce” del regista
Carlo Mazzacurati che proprio Salvini, come la protagonista del film Vesna, va
a sua volto molto veloce. La sua è una
carriera veloce. Un’ascesa rapida, quasi fulminante. Giovanissimo viene eletto nel
lontano 1993 come consigliere comunale a Milano. Carica che aveva mantenuto fino al 2012. Nel
frattempo, oltre alla politica si appassiona al giornalismo e diventa così una
delle penne più agguerrite ed aggressive del giornale del suo partito La
Padania. A quei tempi il M5s non esisteva, il suo alleato di governo (O IN
REALTÀ STAMPELLA DI GOVERNO) e la Lega aveva ben altri progetti: federalismo, separatismo,
campanilismo allo stato puro. La sua attività
giornalistica si espande nell’ambito del partito con Radio Padania e dopo un
breve periodo ne diventa il direttore. Nel 2004 viene eletto come parlamentare
europeo e nel 2008 viene eletto nel parlamento nazionale poi infine, dopo gli
scandali di corruzione, dell’utilizzo improprio dei fondi assegnati al suo partito,
e quindi la caduta della Lega e la fine politica di Bossi, a seguito delle
riprovevoli vicende del figlio, la Trota, a Lui medesimo viene assegnata la
direzione del partito. Ne diventa il Capo, come amano chiamarlo i suoi sudditi,
nel 2013. Insomma, tutto si può dire
meno che Salvini abbia perso tempo. Nelle elezioni del 4 marzo 2018, il suo
partito si presenta con il centro destra, poi dopo le elezioni, per le ragioni
che conosciamo, si allea con i cinque stelle, motivando questo cambiamento con
la ben nota teoria del contratto di governo. Una strana teoria che ha partorito
un governo non rappresentativo della volontà popolare. Questa volta Salvini, e
non il M5S, che si è dimostrato assettato di poltrone ma non di idee, usa
Palazzo Chigi dove ne è diventato uno dei vice presidenti, come un altro
trampolino per andare ancora più in alto ventilando alimentando nuove fobie,
generando nuovi nemici e sventolando questa volta non più la bandiera padana
in maniera strumentale e antistorica, ma il tricolore nazionale e il demagogico
slogan di “prima gli italiani”. Con questa carica di fatto Salvini è
diventato il membro più autorevole del governo Conte. Nelle cancellerie
occidentali, nei giornali e negli ambienti e nelle commissioni di Brussels si
parla delle sue sortite e dichiarazioni. L’impressione è unanime: oramai
in Italia abbiamo a che fare con uno stolto o se preferite con i nazionalisti.
Nei secoli e decenni passati il nazionalismo aveva dato luogo a guerre
sanguinose e l’idea stessa di Unione europea non può fondarsi sull’interesse
nazionale né sul nazionalismo. Allora ci vuole davvero un’altra Europa più
europeista e sociale , meno nazionalista e legata ai poteri finanziari e più interventista nei focolai di crisi che
rappresentano le fonti degli esodi migratori. Salvini lo sa, lui che è stato in quegli
ambienti. Sa che questo stendardo dell’antieuropeismo gli porterà sempre più
consenso e acqua al suo mulino ed è per questo che soffia continuamente sul
fuoco della xenofobia e dell’ingiustizia di cui secondo lui l’Italia è
vittima. Questo i francesi, gli inglesi, i tedeschi…, insomma le maggiori
potenze europee lo sanno bene, ma non capiscono come mai gli italiani si fidano
di un uomo del genere. Pensano che la democrazia all’Italiana genera sempre dei
mostri. Ma la loro inerzia e inadeguatezza per quanto riguarda le politiche
appropriate da adottare nei confronti dell’Africa ha partorito il populismo e
la Lega di Salvini ed è altrettanto un altro mostro. In questo contesto si
sviluppa una compagine assai discutibile e scabrosa e l’unica certezza che
abbiamo davanti è che la democrazia e il rispetto delle libertà e dei diritti
umani ne usciranno sicuramente perdenti.
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