J’Accuse del
21/08/2018 sul fossato tra Italia e Unione Europea- tra corsi e ricorsi storici
Mentre rifletto
sulla crisi attuale che oppone l’Italia all’Unione europea sui flussi migratori
e i loro collocamenti in seno all’Unione, mi tornano alcuni fatti storici
accaduti oramai un secolo fa. Si tratta del contesto postbellico scaturito dalla
prima guerra mondiale. Allora l’Italia aveva optò per il campo vincente, dando
un importante contributo alla vittoria finale dei paesi occidentali. Ma durante
la Conferenza Versailles La delegazione italiana, guidata allora da Orlando e
Sonnino, si rese subito conto che il
clima della conferenza di pace non era tra i più favorevoli: i nostri delegati,
che si aspettavano, legittimamente, l’applicazione del trattato di Londra del
1915, si scontrarono contro l’ostruzionismo del presidente americano Wilson,
poco propenso a riconoscere quanto era stato promesso al nostro paese ed, in
particolare, l’annessione della Dalmazia e della città di Fiume, che, nel 1918,
si era proclamata italiana. Così invece di dare battaglia in seno alla
Conferenza, i due protagonisti tornarono umiliati in Italia in cerca dell’appoggio
popolare. Quando qualche giorno dopo, i
due statisti tornarono a Versailes, i giochi erano fatti e “Rien ne va plus”
dicevano i francesi. L’umiliazione subita dai nostri ministri, creò, nel paese,
già colpito dalla crisi economica post-bellica, un clima di grande frustrazione
e irritazione, alimentando la tesi della cosiddetta "vittoria
mutilata", di immani tragedie e sofferenze subiti dal popolo italiano
in cambio di briciole di territori. Questa grave umiliazione diede luogo in
seguito d una situazione di grande instabilità politica che mise in crisi i
partiti liberali al governo fino allora, dando luogo a scioperi e proteste, in
cui trovò terreno fertile, soprattutto tra i reduci, desiderosi di vendetta, il
partito fascista di Benito Mussolini, nella sua scalata al potere,
culminata nella marcia su Roma del 1922.
Ora questo
contesto storico di sfiducia e di umiliazione mescolate alla rivalsa, si sente
anche da qualche tempo non solo in Italia. Di fronte ad un’Europa dominata dai
poteri finanziari di Brussels, sorda alle sofferenze dei popoli europei, in
nome di un’Auterity imposta da non si sa quale potere sovranazionale e a quale
scopo supremo, in preda alle crisi economiche cicliche che hanno colpito
l’economia internazionale in questi ultimi anni, assistiamo al crescere e
all’affermarsi di partiti nazionalisti e cosiddetti populisti, determinati a
rovesciare le regole stabilite in precedenza da governi liberali, asserviti e
dominati da quest’ultimi. Se dopo la prima
guerra mondiale, le rivendicazioni italiane erano di natura politico-territoriale,
oggi sono prettamente finanziarie, politiche e sociali. E non è il
partito fascista a rivendicarle ma sono due partiti nazionalisti e populisti, guidati da due
personaggi che l’Europa incomincia già a prendere sul serio. Difatti si domanda alla Commissione
Europea una cosa legittima: consentire lo sforamento del 3% per quanto riguarda
la spesa pubblica e sospendere o tofgliere i vincoli imposti a tale spesa, i quali impediscono l’intervento
dello stato e degli enti locali a restaurare e ad erogare i servizi...
La caduta del ponte Morandi avviene in questo contesto drammatico e aggiunge benzina sul fuoco:può l’Europa ignorare lo stato di degrado e di abbandono in cui versano sia le persone che le infrastrutture del belpaese?
La caduta del ponte Morandi avviene in questo contesto drammatico e aggiunge benzina sul fuoco:può l’Europa ignorare lo stato di degrado e di abbandono in cui versano sia le persone che le infrastrutture del belpaese?
La caduta di tale ponte segna un momento storico dalla portata quasi similare a quello
che conseguì alla Conferenza di Versailles. Abbiamo un paese conquistato dai
discorsi politici del Capo della Lega Salvini: una creatura degli errori delle
politiche europee in materia finanziaria e sociale, un uomo che aveva saputo
usare i temi dei profughi e dei migranti per conquistare i cuori degli italiani
,delusi dalla politica ufficiale e dalle stesse istituzioni europee, un uomo
che, giustamente, visto l’egoismo e il poco spirito democratico di alcuni paesi
dell’Est e dell’ovest, che si ostinano a rifiutare le quote dei
profughi, gioca sulla vita dei profughi stesi a cui viene impedito di sbarcare, come
nel caso della Nave Diciotti, pur sapendo che le convenzioni internazionali
firmate dal suo paese e soprattutto la sacralità della vita vengono prima d’ogni
altra priorità.
Lo scontro
sociale e politico in Italia pende oggi a favore di una maggioranza,
espressione sì del parlamento ma non della volontà popolare espressa il 4 Marzo
scorso. Sebbene questo governo goda di questa fiducia parlamentare, le sue scelte
politiche devono rispettare le leggi nazionali e le convenzioni internazionali.
La ricerca del dialogo con l’Europa è un imperativo categorico e i danni derivanti da una crisi dei mercati
colpirebbero tutta la nazione e soprattutto quella stessa gente che crede negli
opposti dei "Sonnino e Orlando" dei nostri giorni..
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