J’Accuse del giovedì 17, 2019 sulla visita del Presidente Conte in Sahel
Quanto sono lontani i tempi in cui la Libia di Gheddafi considerava l’Africa
come il suo retroterra naturale e gli africani come cittadini della grande Jamahiria
libica. Questa stessa visione dell’Africa, nel corso dei decenni, aveva causato
a Gheddafi tante inimicizie e tanti conflitti. In quel contesto s’inserivano le
guerre e le scaramucce di Tripoli col mondo occidentale: in particolar modo nel
Ciad dove il Colonello appoggiava i ribelli del Nord contro il governo centrale
del presidente François Tombalbaye. Per molti anni si confrontarono
due ideologie, una colonialistico-paternalistica guidata da Parigi e dal Fronte
occidentale e l’altra di stampo nazional-socialista portata avanti dal leader
libico. Miliardi di dollari furono spese in guerre inutili e dimenticate da
entrambe le parti. Se quelle risorse fossero state investite per creare nuove
infrastrutture e uno sviluppo economico sostenibile e durevole, oggi non ci saremmo
trovati davanti al caos dell’immigrazione proveniente da quelle depresse aree
del pianeta. Nessuno, oggi in occidente quindi, analizzando i fatti storici dei
decenni passati, può considerarsi estraneo a questa tragedia in corso in quei
paesi. La Libia Gheddafiana in virtù della sua ideologia e delle sue mire
egemoniche su quella parte dell’Africa, aveva destinato per anni ingenti
capitali a quei paesi. Ovviamente non è stato sufficiente e men che meno in un
contesto di ostilità e di guerre perenni portati in avanti contro il suo paese.
La vecchia Europa le cui ambizioni coloniali e imperiali non sono mai state sopite
aveva mantenuto la sua presenza in Africa controllando il suo corso politico e
le sue risorse naturali ora imponendo dittature efferate e ora facendo i
gendarmi delle pseudo-democrazie con cui tratteneva e trattiene tuttora solide
relazioni politiche e diplomatiche. Questa vecchia Europa mostra oggi il suo
volto peggiore con l’avvento dei sovranisti razzisti e i cosiddetti governi
populisti che vedono nell’Africa non solo una minaccia ma un pericolo da
arginare con muri e fili spinati, così vergognosamente come hanno fatto i paesi
del Patto Visegrad e la politica della chiusra dei porti varata dal governo di
Roma, con tutte le antistoriche e inammissibili giustificazioni del caso.
Ma quest'Europa è in declino e in preda a conflitti intestini. Ce lo corrobora
il dibattito politico in corso Nel Regno Unito sulla Brexit, l’inutilità della
politica dell’Austerity portata in avanti dalla Germania e dalla Francia, il
trattamento duro e poco riguardevole riservato al popolo greco, l’abbandono
dell’Italia davanti all’invasione degli immigrati africani…ecc. La lista delle cause è
lunga ma ciò che occorra ritenere maggiormente è il pericoloso venir meno della
coesione di quest’Unione. La sua costruzione sembra traballare davanti all’ascesa
dei nazionalismi e dei populismi che in realtà rappresentano un segnale d’allarme
e una chiara involuzione del processo politico portato in avanti fino ad oggi
in Europa.
La visita del presidente Conte, che salutiamo, per l’alto valore etico e
politico, è quello che abbiamo sempre detto parlando del problema dei problemi del sottosviluppo:
per fermare l’ondata migratoria dei profughi africani, occorra agire in loco,
portando progetti di sviluppo sostenibile, benessere, lavoro e nuove idee. E’
questa la sfida che va affrontata non solo dall’Italia ma dall’intera comunità
internazionale.
Ci riusciremo?
Se noi investiamo lì. Sarà un modo per dimostrare alla storia la coerenza e
la fedeltà alle nostre idee democratiche e umanitarie. I giardini le città che
verranno costruiti lì, saranno anche le nostre e quella gente ci sarà sempre
grata. Avremo in questo modo conquistato i loro cuori ed è in definitiva un
modo ancor più forte se l’avessimo fatto con le nostre forze armate e il nostro
becero e disumano colonialismo.
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