Ora in tutti questi paesi abbiamo
degli status quo fragili ed esplosivi, caratterizzati dalla tirannide e dallo sfruttamento delle risorse
ad opera della nomenclatura che si tramanda il potere di generazioni in generazioni, in collusione con le multinazionali.
Cominciamo dal Venezuela che è un
caso da manuale di politica dei cambiamenti indotti e di come le rivolte
fomentate dall’esterno, o da terzi parti, al fine di ribaltare il regime politico locale in dissenso con le politiche “imperialiste americane in Sudamerica e nel mondo.
Per decenni I paesi occidentali (guidati dagli yankee) hanno isolato il Venezuela,
come del resto anche Cuba e l’Iraq di Saddam Hussein), al fine di stroncare le loro economie e costringere i loro popoli alla rivolta contro i partiti al
potere e quindi contro la loro guida politica. Per decenni lo strumento delle sanzioni assunte contro Caracas (Embargo totale) si è rivelato inefficace e si è arrivati alla svolta artificiosa di qualche
mese fa che ha portato alcune democrazie tra le più importanti del mondo a riconoscere
addirittura un deputato come il vero presidente del Venezuela al posto di
quello che è stato eletto democraticamente dai venezuelani. In questo caso si è
peccato di falsità e oltretutto di grande contraddizione rispetto ai principi
della democrazia. Si riconosce la marionetta e si manda all'inferno il presidente resistente. Oggi il conflitto continua e nonostante il fallimento del golpe, per via delle rivolte, la situazione resta incerta perché le ingerenze e le pressioni internazionali continuano a logorare il paese. In questo caso da manuale occorre dire che questa rivolta è voluta proprio da chi si oppone al regime politico
nel paese e mira allo sfruttamento delle sue immense risorse ma non si preoccupa a democratizzare le sue istituzioni. Se riusciranno i complotti, un’altra dittatura ancor più
cruenta seppellirà la precedente, magari illuminata, sostenuta dalla stragrande maggioranza delle masse popolari del paese sudamericano.
Riassumerei invece in una breve
sintesi l’analisi delle rivolte arabe. Ogni tanto ne abbiamo una, alcune
vengono chiamate rivolte del pane, altre rivolte della dignità e del lavoro, ma siamo sempre lì; altre ancora e quelle che c’interessano e caratterizzano il periodo attuale: le rivolte politiche. Esse riguardano la stragrande maggioranza delle popolazioni che sono esauste, stufe delle prevaricazioni, del monopolio del potere
esercitato da classi dirigenti che si tramandano il potere di generazioni in
generazioni come il caso algerino ed egiziano dove, in entrambi i casi, una nomenclatura militare è
al potere sin dalle indipendenze rispettive dalla Francia e dall’Impero
Britannico. Sebbene entrambi i paesi abbiano due strutture sociali ed
economiche diverse per potenziali economici e imperativi politici, essi sono
accumunati dalla fallimentare ed iniqua gestione politica e economica. Ciò
oltre ad aver portato a delle intollerabili disuguaglianze, aveva nel tempo cristallizzato
un sentimento di sfiducia e di sdegno nei confronti delle istituzioni locali.
La gente in poche parole non ce la fa più a sopportare che un pugno di generali
abbiano rubato dignità e futuro ai cittadini. In questi due casi le rivolte sono legittime ma dall’esterno sono viste come una minaccia agli interessi delle
multinazionali e delle cancellerie occidentali che le ostacolano ora non riconoscendole e ora adoperandosi a organizzare delle contro-rivoluzioni...
La caduta di Morsi in Egitto, qualche anno fa, ad opera del generale Sissi è stata anche essa un manuale di ribaltamento
del voto popolare. Per le cupole che governano l'Aria: gli interessi e gli equilibri geopolitici sono più importanti
della libertà e dei diritti umani per chi ha riconosciuto quel golpe e chi tace
ancora… La conclusione è ben amara: gli egiziani non meritano la democrazia perché votano a destra per un
partito filo islamista.
Vorrei finire dedicando qualche
considerazione al Libano, paese bello, variegato etnicamente e religiosamente e perciò decisamente incantevole, teatro nel passato di
guerre e di confronti, ma anche di piccoli miracoli. La rivolta in corso assomiglia a una bella Commedia dell’arte. Si parla di popolo e di liberta, ma
anche di liberazione dai partiti e dagli uomini corrotti che hanno governato il
Libano finora. Ma il Libano che conosciamo è stato un modello politico di
successo, al di la dei mali che lo attanagliano. Ciò è innegabile nonostante tutti i complotti. Gli eccessi ci sono stati, ma
ci sono state anche le ingerenze dei paesi della regione e quelle delle potenze internazionali nel paese. Ora, dico ai libanesi, tenetevi assieme e date l’esempio
di un paese che va oltre le sue diversità. Se le rivolte sono finalizzate a
cambiare il regime politico perché controllato dagli Hezbollah o dal Presidente Aoun, ne dovete
essere consapevoli: qualcuno vi sta portando alla guerra civile e mettendovi gli uni contro gli altri. Abbracciatevi
e difendete la vostra indipendenza. Siete già liberi. Le rivolte, amici, sono
lo strumento per sottomettervi al nemico. Imparate la lezione egiziana e venezuelana. Siate un esempio per tutta la regione medio-orientale.
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