J'Accuse del 23 aprile: Case di riposo, l'altro male ossia "coronavirus" che flagella la società con l'indifferenza e i maltrattamenti agli anziani



J'Accuse del 23 aprile: Case di riposo, l'altro male ossia "coronavirus" che flagella la società con l'indifferenza e i maltrattamenti agli anziani

In quest'articolo ho scelto di proporvi la struggente lettera di un nonno ai figli, ai nipoti e a tutti i cittadini di questo paese; leggetela, le sue parole d'amore sono toccanti e le sue denunzie mettono sotto luce un sistema delle “case di riposo” disumano e offensivo della dignità umana e più in generale  una “degenerazione sociale” della nostra società, ingrata verso chi aveva cresciuto ed educato le future generazioni e incapace di garantire a questa fascia di cittadini una tutela e una vita dignitosa e serena. Passare gli ultimi giorni della propria tra le mani di persone che ti urlano in faccia e ti considerano un “numeretto”, parola del suo autore è qualcosa che ti svuota l’anima e annienta l’esistenza. E ancora egli asserisce nella sua agonia: “ Ma vorrei che sappiate tutti che per me non dovrebbero esistere le case di riposo, le Rsa, le "prigioni" dorate e quindi, si, ora che sto morendo lo posso dire: mi sono pentito. Se potessi tornare indietro supplicherei mia figlia di farmi restare con voi fino all'ultimo respiro, almeno il dolore delle vostre lacrime unite alle mie avrebbero avuto più senso di quelle di un povero vecchio, qui dentro anonimo, isolato e trattato come un oggetto arrugginito e quindi anche pericoloso. Questo coronavirus ci porterà al patibolo ma io già mi ci sentivo dalle grida e modi sgarbati che ormai dovrò sopportare ancora per poco…l'altro giorno l'infermiera mi ha già preannunciato che se peggioro forse mi intuberanno o forse no…” E’ chiaro che sono parole scritte con le lacrime di un cittadino che vuole lasciare un testamento etico non solo alla sua famiglia ma a tutta la società. E’ un appello a tutte le istituzioni affinché vigilino rigorosamente sulle “Case dorate”, ma io le chiamerei le discariche sociali di una società che ricambia l’amore con l’indifferenza, il bene ricevuto con l’oblio del vissuto e la generosità con l’avarizia e la freddezza. Mi toccano profondamente le sue parole quando egli afferma: «Se potessi tornare indietro direi a mia figlia di farmi restare a casa». Il nonno che compone questo testamento etico è ben consapevole dell’imminenza della fine, ma se la macchina del tempo tornasse indietro…! Ahi, come tutte le persone sensibili, egli non voleva pesare sulla quiete della sua famiglia, non voleva disturbare quell’armonia e sentirsi come un fardello da dover trascinare… Però la soluzione delle case di riposo si rivelò una sofferenza ancor più acuta, un lento annichilire dell’esistenza. E allora era meglio l’abbraccio e le carezze dei suoi familiari che l’indifferenza e la maleducazione degli operatori di quella casa. Certo, la morte ora ce lo potrà restituire ma la sua lettera è un testamento alla società: amate i vostri anziani e accompagnateli fino alla fine dei loro giorni

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