J’Accuse domenica 7 giugno 2020 – tema errante: l’uomo deve ribellarsi davanti al vuoto e all’assurdo delle violenze e delle disuguaglianze…



J’Accuse domenica 7 giugno 2020 – tema errante: l’uomo deve ribellarsi  davanti al vuoto e all’assurdo delle violenze e delle disuguaglianze…

Questo J’accuse non ha un titolo o tema specifico ma vuole essere leggero e errante come i tempi che corrono tra incertezze e miraggi: in fondo abbiamo attraversato uno dei periodi più intensi e difficili della nostra epoca e ora ci stiamo barcamenando verso l’uscita dal tunnel. E che cosa troveremo? Che cosa ci nasconde l’orizzonte più vicino? Certamente le macerie sociali ed economiche sono il problema principale che si sta cercando di arginare dopo il confinamento e il lockdown deciso dalle autorità. Ma la gente si sta cercando di adattarsi alla nuova situazione creatasi a seguito dell’epidemia. L’adattamento è d’obbligo, altrimenti che facciamo? Se si molla, il paese crollerà e con esso le istituzioni che rappresentano il bene supremo di questo paese. Certo la nostra società è stata messa alla prova in questo drammatico frangente della pandemia e abbiamo dimostrato al mondo molte capacità e virtù che si pensasse fossero scomparse. Il modello italiano nell'approccio all’epidemia è stato adottato da quasi tutti i paesi vicini e lontani. I nostri ospedali sono diventati il centro della battaglia contro il coronavirus e per fortuna, grazie al confinamento, si è riusciti a contenere i contagi e a scongiurare il collasso del sistema sanitario. Ma questo è stato un grande risultato e davanti a noi si annida ancora la minaccia di un’ondata di ritorno.  Nel frattempo, siamo diventati più forti; ora sappiamo che il coraggio e la prudenza devono guidare questa fase di ripresa e di ritorno ad una certa normalità che non sarà mai come quella che aveva connotato il passato. E’ come a dire: “sulle nostre ferite valle, ritorneranno le farfalle! Ma il loro volo, sarà ancor più intenso, come l’amore immenso, che germoglia su ogni molo! “- Poesia di Hamid Misk.
Il mio tema errante tocca anche le ricadute della pandemia sugli stati che governano le relazioni internazionali. Abbiamo visto le catastrofiche conseguenze economiche e sociali che stanno sconvolgendo gli Stati Uniti d’America in particolare e gli altri in maniera generale. Quaranta milioni di cittadini americani hanno perso il loro impiego. Questo tsunami sta dimostrando quanto siano fragili e precari gli equilibri sciali e politici in quel paese. Una sola triste sensazione ci trafigge quando pensiamo a questo dramma; ne usciamo con la medesima scioccante conclusione: c’è ancora  da lottare per ridurre le disuguaglianze e fermare il razzismo che rimane come una macchia vergognosa e incancellabile in quella società multietnica e multiculturale, la quale ci aveva spesso affascinato e fatto sognare in quest’ultimi decenni, ma oggi nel suo seno sta scoppiando una rabbia tanto covata contro un sistema spesso mascherato, violento e disumano, che sta ripiombando il mondo nei periodi bui e incerti delle lotte civili e politiche di una volta. L’America si rivela con la pandemia del coronavirus un impero malato, ancor più infetto di un virus più devastante del Covid 19. E’ in balia di una cultura razzista e intollerante che è mai sparita ma rimasta radicata nelle pratiche e nelle narrazioni delle classi dominanti. Certo di questo male il paese dovrà fare i conti. Davanti all’assurdità del male e del vuoto che connotano questa storia, le masse americane hanno solo un’opzione, come afferma Albert Camus nel suo Saggio L'Homme révolté , mai rassegnarsi e arrendersi all’assurdo che caratterizza la nostra esistenza ma ribellarsi ed esigere direi una risposta del sistema che sia umanizzante e tutelante della condizione umana e in particolare di coloro che subiscono le prevaricazioni e le ingiustizie, sotto il silenzio del potere assoluto sempre in mano all’uomo.  
Vorrei terminare quest J’accuse dal tema errante, invocando a mia volta un’unità morale dei cittadini e delle nazioni davanti ai pericoli e alle sfide che investono e si profilano davanti a noi. Il Presidente Mattarella, supremo magistrato e arbitro della nostra Repubblica, ha fatto appello alle forze politiche di unirsi nell’affrontare l’attuale crisi. Ora quello che abbiamo visto il 2 giugno scorso a Piazza del popolo, ci porta a porsi delle domande. Era o no opportuno fare quella manifestazione, violando le regole poste dal governo in relazione al distanziamento sociale? Era opportuno insultare e discreditare chi ce la sta mettendo tutta per far uscire il paese da questa crisi? Se le destre vogliono ritornare al governo, aizzare le piazze e spargere le menzogne, non è certo il modo per rivalutarsi e rendere, infine, un servizio all’Italia. Con Salvini e Meloni al governo l’Italia non avrebbe ottenuto nemmeno un soldo dall’Unione europea. Il problema che osteggia la strada all’unità non è solo ''ordine politico, ideologico ed etico, ma riflette una fattispecie incomprensibile, ovvero una categoria che attiene all’assurdo. L’assurdo nelle idee, nelle analisi, nella progettualità politica è quel male assoluto che aveva connotato a lungo la storia della nostra repubblica ( stragi, corruzione, Mafie…) ed è giunto il momento qui e altrove nel mondo di prendere una posizione definitiva: rassegnarsi o ribellarsi? Io direi ribellarsi e lottare per la libertà e l’uguaglianza.

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