J’Accuse del 21 aprile 2022 sull’impasse verso un cessate il fuoco in Ucraina e la dittatura di chi impedisce il dissenso.
J’Accuse del 21 aprile 2022 sull’impasse verso un cessate il
fuoco in Ucraina e la dittatura di chi impedisce il dissenso.
Nessun'illusione, nessuno scambio
ma un solo un desiderio
ardente come il sole
la pace e la fratellanza
di un tempo felice
Quell'amore mai cancellato
giace in ogni cuore
come un corridoio mai chiuso
Ora mi trastullo d'ogni muro
d'ogni dittatura che ci immola
A quale scambio?
Abbiamo ceduto la nostra pace
In nome di quell'intruso
Se fossero i suoi i nostri dolori...
e i nostri morti sepolti
dalle macerie delle nostre case
Provate vergogna per quello che avete fatto
Ora levate le vostre schifose mani
dalla generosa terra amata
e lasciate che il popolo viva...
in pace, in pace
Chi si sarebbe mai illuso che la resistenza ucraina avrebbe coltivato
questo sogno sempre legittimo di fermare e contrastare l’occupazione russa?
Eppure è atroce guerra fratricida a cui stiamo assistendo in maniera passiva e
struggente. È un’assurdità, un qualcosa che la mente umana non riesce ad
accettare.
Come mai due popoli fratelli accumunati
da legami plurisecolari di sangue, di religione, di cultura e di storia
politica sono arrivati a questa frattura per certi versi irreversibili?
Se rispondesse il cuore, davanti
alla dimensione della tragedia, non si può non inorridire e non provare pietà
per le vittime. A quale meta, direbbe il
visionario, avreste scambiato la vostra pace e la vostra fratellanza? Che
cosa vi hanno promesso in cambio coloro
che oggi vi hanno illuso di vincere questa guerra, mandandovi le armi, perché voi
vi chiudeste il vostro cuore ai vostri vicini e vi allontanaste in sentieri pericolosi
e insicuri? In questa tragedia ucraina risalta in maniera lapalissiana la
grande responsabilità di chi ha governato l’Ucraina sin dal 2014 tessendo ogni
genere di alleanze e coltivando l’idea di poter innalzare sul confine una nuova
cortina di ferro che sarebbe ancor più deleteria e vergognosa di un conflitto
armato. In verità, in questi otto lunghissimi anni di confronto militare nel
Donbass, non si fece nulla che potesse ravvicinare le due parti e si scelsero
sentieri truci con la corresponsabilità appunto di chi si è intruso in quell’area
geografica del mondo slavo russo per seminare l’odio e le divisioni tra i
popoli della regione. La mia allusione è ben chiara a quel progetto di allargamento
della Nato ad est, fino ai confini della Russia, compenetrandosi direi nel
territorio russo, che è l’oggetto di questo contenzioso e che rappresenta oggi
per la resistenza ucraina quel sostenitore e motivatore nel proseguo delle
distruzioni e delle carneficine a danno degli ucraini. A che cosa è valso tutto quest’orrore, se nei designi delle
cancellerie occidentali, non si è posto l’accento su una soluzione diplomatica
che avrebbe evitato alle genti ucraine queste tragedie? E andrei anche dall’altra
parte per porre un’altra domanda: che
cosa hanno commesso i popoli occidentali
per subire tutti queste nefaste conseguenze sul piano sociale, economico e
psicologico? In fondo sento dire
in girò che questa guerra va fermata ad
ogni costo e l’invio delle armi deciso dai nostri governi non è una soluzione
ma un aggravamento della situazione bellica, politica e bellica.
Il problema, infine, è che siamo
in una dittatura dove chi dissente viene additato d’essere incivile. Il
pericolo maggiore è questo e si riassume nella frase seguente: la tirannide non
è solo di chi esercita la dittatura ma soprattutto di colui che impedisce anche
il dissenso e s’arroga il diritto di definire che è dittatore e chi non lo è.
Peccato.
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