Quando Dostoevskij evocò la
parola Siberia in modo allegorico raggiunse l’apice della sua poesia. Quel deserto
freddo e minaccioso che assedia e avanza sull’umanità è raffigurato nella
tragedia di Mariupol. Qual tragedia è più grande di questa! Se gli inglesi,
come aggiunse Shakespeare rammaricato e deluso della sua patria pensano che con
il solo invio delle armi si aiuterebbero la causa della pace, sbagliano di grosso
questi nuovi orchi, ancor più cattivi di quelli che avevano pianificato questo
dramma. All’improvviso ricomparve Quasimodo…, lodevole poeta dalle parole
incantevoli. Egli guardando l’orrore decantò: se potessi parlargli, gli chiederei
di essere effimero come un raggio di sole e di lasciare in pace l’umanità. Qual
conforto è più alto e nobile di questo?
Se l’orrore durasse come un
raggio di sole- Quasimodo ricomparve sulle rovine di Mariupol
Qual dramma più grande di una Siberia!
Dove si declinano orrore e miseria
Decantò questa volta il poeta inglese
Sembra che tutti abbiano perso ogni cavalleria
Persino il mio paese è complice di questa macelleria
A che servono le armi se s’abbattono case e chiese?
E i teatri, urlò Shakespeare, basta carneficine!
Sento ancora i lamenti giungere sotto le rovine
Sono voci di persone seppellite vive
Da chi sparge e semina la discordia e l’orrore
E all’improvviso ricomparve Quasimodo come un bagliore
L’umanità ha rimboccato la più nefasta delle derive…
Quasimodo, Quasimodo, lodevole, dissero i luminari
Se l’orrore avesse la vita di un raggio di sole, amici cari!
Vorrei dare a quest’umanità ogni conforto…
Vorrei affrancarla da ogni male
Urlò, mentre regnava un silenzio tombale
A Mariupol, ogni buon
fine è sepolto
E il sottosuolo giace nel porto
Segue
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