J’Accuse di Domenica 19 giugno sul senso di dignità politica in relazione alla crisi interna del M5S

 

J’Accuse di Domenica 19 giugno sul senso di dignità politica in relazione alla crisi interna del M5S

 



Non mi sarei mai più occupato del M5S se non avessi avvertito in quest’opportunità che gli si presenta oggi con la convocazione d’urgenza del suo Consiglio Nazionale, organo deputato a esaminare le questioni e le strategie politiche una grande opportunitá per riconquistare la sua dignità, dopo anni di trasformismo politico e di delusioni e incoerenze. Io che avevo dato il mio voto, a questa formazione politica non mi ci vedo più rappresentato nelle politiche e nelle decisioni adottate, sin dall’inizio di questa legislatura. Vorrei ribadire un concetto ben chiaro: tutto quel serbatoio di consenso politico conseguito nelle ultime elezioni politiche del 2018 si è volatilizzato per colpa di un decisionismo dei singoli leader che ci ricorda i partiti monolitici e autoritari di un tempo. Le stesse consultazioni fatte per legittimare spesso queste decisioni discutibili erano anche esse facenti parte di questa sceneggiatura della democrazia interna e il suo effettivo esercizio attraverso internet. Tutto quello a cui abbiamo assistito sembra una fantascienza: dalle espulsioni ai dissidenti, alla costituzione di governi non rappresentativi della volontà popolare, alla stessa rottura con i maggiori protagonisti del Movimento( Di Battista, Casaleggio), per non parlare dei voltafaccia di chi è stato arruolato nelle fila dello stesso, senza averne diritto né i requisiti politici richiesti (Paragone è il caso emblematico). Oggi si presenta un giorno importante per il M5S: direi è il giorno della dignità politica in cui si deve prendere atto del fallimento del progetto politico, anche alla luce dei risultati delle ultime elezioni comunali. La linea politica adottata non è affatto condivisa dalla base e men che meno lo stesso sostegno al governo Draghi e la linea dell’invio delle armi in Ucraina che ha snaturato e tradito quella centralità del nostro paese nelle relazioni internazionali: l’Italia è e rimane un paese mediatore e pacificatore, data lansua costituzione repubblicana,  nei conflitti internazionali. Il venir meno di questo ruolo sta mettendo il paese in ginocchio, asservito a logiche e obiettivi politici per non dire deleteri, userei l’attributo assolutamente controproducenti. Questo la dice lunga sulla bassezza degli ideali seguiti da questa classe politica e la mancanza di combattività e di coraggio politico. L’accusa è rivolta contro chi ha rinunciato a questi stessi ideali in nome dell’allineamento e degli interessi securitari non ben precisati. Mi riferisco a chi ha definito all’inizio di questo conflitto Putin un "animale", togliendo al nostro paese quell’opportunità di mediare e allo stesso dico che è giunto il momento per andarsene via, perché delegittimato e sfiduciato dalla stessa base che lo ha eletto. Mi dispiace confessarvi che mi ritrovo più nelle posizioni di Salvini, riguardo alla guerra in Ucraina che a quelle delle altre formazioni. C’è un servilismo e un’ipocrisia di fondo che fanno sì che la gente si sente tradita e non rappresentata nelle sue speranze e nello stesso desiderio di garantire al nostro paese un futuro democratico e stabile. Questa compagine governativa è nelle mani di questo consiglio: date a casera ciò che è di Cesare e a Cristo ciò che è Suo. Le nomine di Mattarella non sono una soluzione alle difficoltà della democrazia italiana e al problema della rappresentatività in questo paese. 

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