J’Accuse del 5 gennaio Il funerale di Papa Ratzinger tra chi invoca la santità e chi stigmatizza la chiesa
J’Accuse del 5 gennaio Il funerale di Papa Ratzinger tra chi
invoca la santità e chi stigmatizza la chiesa
Riflettendo sul concetto di
santità, credo che riguardi la condotta dell’uomo ovvero quanto egli si sia
avvicinato a dio servendo e facendo del bene. Avere a cuore questi valori della
vicinanza e della solidarietà con i propri suoi simili innalza il loro interprete
nell’olimpo di coloro che vengono considerati con un “linguaggio infedele all’uguaglianza
tra gli uomini”: appunto i santi. Ma non tutti i santi sono uguali per impegno
e dedizione alla propria umanità. Perciò, sul piano prettamente filosofico, dio
non dovrebbe amare coloro che vengono proclamati santi, chi sa da quali
istituzioni “sovrannaturali”, per via
della loro sapienza e devozione, ma coloro che si sono impegnati nel ridurre le
sofferenze e le miserie degli uomini, lodandone le azioni. Alla preghiera dio preferisce
il lavorio. Alla devozione Egli predilige la purezza e l’umanità dei gesti.
Oggi Ratzinger è stato seppellito e con lui si è chiuso il sipario su un’ortodossia
che rimane incomprensibile e lontana ai fedeli. Alle cerimonie il loro peso e i
loro tentativi di rivalutare la sua testimonianza, ma essa è priva di un
significato universale e soprattutto unificante. In questo contesto La
modernità ha sommerso la chiesa di questioni che l’hanno allontanata dai valori
originari. La loro interpretazione evolutiva onnicomprensiva è un’opera che
richiede non solo la massima coerenza ma anche la massima chiarezza. Allo
sdoppiamento etico dettato dalla modernizzazione e dalle tendenze fuorvianti
non si deve cedere, ma opporre la verità e l’autenticità della tradizione. La successione
di Papa argentino al papa tedesco ha dato una boccata di rinnovamento:
avvicinare la chiesa ai poveri. Renderla povera per riavvicinarla a coloro che
si sono allontanati da essa. Farla recitare i ritornelli della verità, i salmi della
purezza che sono appunto la sua vera ricchezza. Non bastano la bellezza delle
chiese, degli affreschi e dei colonnati, ma quella degli animi. La corruzione
che ha da sempre convissuto dentro le sacre cittadelle avanza e ‘oppone a
qualunque Francescanesimo. Il dogmatismo, in conclusione, è il peggior nemico
di chi vuole difendere la soccombente umanità. Dietro ad esso le oscure cupole tramano
per creare confusione e caos e magari nuovi interpreti al servizio un’istituzione
sempre meno autentica e universale.
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