J’accuse del venerdì 17 marzo 2023: se fossimo come i francesi, un popolo che non si rassegna davanti alle nefandezze del potere costituito
J’accuse del venerdì 17 marzo 2023: se fossimo come i
francesi, un popolo che non si rassegna davanti alle nefandezze dell'arbitrario
La vediamo per le Rues di Francia la protesta contro il
varo della legge sulle pensioni. Due muri che si oppongono: da una parte il
potere costituito rappresentato dalle istituzioni democratiche del paese e dall’altro il
popolo nelle sue diverse sfaccettature ed espressioni sociali e politiche. Il
nocciolo della questione è il rifiuto del rialzo dell’età pensionale e tutte le
problematiche connesse. A vedere in sommovimento il paese reale in Francia ci
viene subito l’idea che la frattura è enorme: il paese legale è lontano mille miglia
dalla gente. E’ un momento drammatico della democrazia francese. Macron non
gode più del consenso e della fiducia di chi lo ha eletto. Se questa riforma è
appoggiata dal mondo imprenditoriale e padronale in generale, essa è totalmente
osteggiata dalla plebe e da una parte cospicua dei partiti politici sia d’opposizione
che di maggioranza. Quello che noi deduciamo però da questa ennesima rivolta del
popolo francese è che la legalità costituita ha un suo limite assoluto nella
volontà insurrezionale del popolo. Ogniqualvolta lo scontro tra il paese reale
e quello legale mette in gioco la stessa legittimità di quest’ultimo, ciò vuole
dire che si è di fronte davanti a delle questioni sostanziali che riguardano i
diritti e le libertà dei cittadini. Regolamentare in eccesso o in difetto quest’ultimi
significa ridistribuire in qualche modo il potere e la libertà in una
determinata società. Ecco perché la riforma delle pensioni in Francia diventa
un momento di scontro e di rivendicazioni sociali e politiche. La storia ci ha
insegnato che nulla rimane invariato, persino la stessa concezione delle forme
e le modalità con le quali funzionano e s’articolano le moderne democrazie
occidentali. Questa riflessione porta un titolo assai provocatorio: perché in
Italia la sudditanza al potere “costituito dai partiti” è così solida e
mansueta, si direbbe? Sebbene i partiti abbiano affondato lo stato nei debiti e
nelle profonde contraddizioni che sono sotto gli occhi di tutti, il paese reale
stenta di affrancarsi da chi occupa e decide in maniera spesso arbitraria e non
democratica. Se oggi si cerca di far passare la legge del salario minimo che è
una conquista di civiltà, noi ci troviamo avanti ad un muro rappresentato da
chi proprio è stato legittimato dai voti di tanti lavoratrici e lavoratori che
non si vedono assolutamente rappresentati. Anzi, quello che sta avvenendo è una
palese ridistribuzione del reddito attraverso la leva fiscale e un discorso demagogico,
fratello nelle modalità e nella concezione di chi vuole e s’ostina a far
passare una legge sulle pensioni osteggiata dalla maggioranza del popolo
francese. Le rivolte sono il seme della speranza.
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