J’Accuse dell’11 gennaio
2024 sui Reportage della Rai sul genocidio del popolo di Gaza
Ieri sera al Telegiornale delle 20 di Rai 1 guardiamo l’ennesimo reportage Sulla Striscia di Gaza. Questa volta è un’intervista ad un colono ebreo che parla italiano. Egli viene presentato come il primo dei coloni dei Kipputz ebrei istallati a Gaza a tornare nel proprio.
La giornalista le chiede come ha avuto il coraggio di tornare dopo il 7
ottobre? Lui risponde che la sua vita e il suo lavoro sono lì, in queste terre da dove si sentono e si vedono ancora i fumi dei bombardamenti dell'aviazione militare israeliana. La giornalista gli
domanda ancora se è nato in quel posto? Il Colono balbetta, come se la domanda gli
suscitasse un po' d’imbarazzo, lui che parla un italiano quasi corretto.
Risponde sì, sono nato qui, ma poi…, i suoi genitori non sono nati lì. Sono
venuti dall’Europa. Poi il colono porta la giornalista ad uno dei campi coltivati
lì, attorno. Le mostra le patate già pronte e aggiunge con soddisfazione sua: vale la pena tornare qui, è la
nostra fattoria! E allora perchè c'è stato il 7 ottobre se è la vostra? Avrei voluto che la giornalista Rai gli facesse una domanda
finale: Ma vale la pena uccidere decine di migliaia di palestinesi per le sue
patate? Gaza non era una landa deserta prima che i suoi genitori ci mettessero
radici. In verità, questo tipo di giornalismo giustifica le spogliazioni e i
genocidi e la cosa più grave è che la Rai, oltre al fatto grave che lo fa con i soldi delle nostre tasse, deve piuttosto, aldilà dei controlli
politici di turno, diffondere un’informazione che sia conforme allo spirito della nostra
costituzione repubblica, imperniata sulla giustizia, la difesa dei valori e dei
diritti umani e mai andare a fare reportage che hanno come obiettivo di mascherare
la realtà e di giustificare l’occupazione con la forza delle terre palestinesi.
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