J’Accuse del 22 agosto
2024 sulle grandi contraddizioni del governo di Giorgia Meloni
E’ ovvio che ogni governo rimane amante de se stesso e delle poltrone che occupa. La poltrona, come lo sa bene Giorgia Meloni, è il simbolo del potere, tanto da farne un bel detto popolare romano: chi lascia Roma, perde la Poltrona! Appunto, ma la poltrona, cari amiche e amici, comporta anche delle responsabilità e l’assunzione degli impegni assunti con il proprio elettorato. Appunto elettorato! Che bella parola! Tanto democratica quanto indicativa del livello di consenso e della corrispondenza tra elettori ed eletti. Or, in un paese dove la metà dei cittadini non va più a votare per disaffezione alla politica e disillusione verso chi assume un linguaggio prima delle elezioni e poi ne adotta un altro dopo essersi insediato, la realtà è ben più triste e amara di quanto di riesce a far dipingere dai mass del potere ufficiale. Ma i Mass media, i lauti stipendi, le rendite e il potere accumulato e connesso che fanno sì che un governo rimanga in sella e non vada in crisi, proprio questi cosiddetti equilibri del personale politico impiegato e della distribuzione proporzionale del potere e delle influenze costituiscono un indice importante della coesione e della forza di un governo. Lo vediamo bene in questi giorni dove le fughe di notizie, non meglio identificate, parlano di come la posizione dominante conferita alla sorella della Presidente del Consiglio, Arianna Meloni, potrebbe costituire l’oggetto d’inchieste da parte della magistratura per le attribuzione e le nomine che vengono fatte nel sistema pubblico, attraverso dei criteri politici e professionali squisitamente clientelari. D’altro canto, abbiamo anche visto come la risposta sia stata celere e accusatoria verso una magistratura politicizzata e schierata con le opposizioni. Si grida subito al complotto e allo snaturamento del voto popolare attraverso le inchieste giudiziarie. Insomma, tutta roba di vecchio stampo, che abbiamo vissuto nel periodo Berlusconiano. La magistratura che si cerca in ogni modo, attraverso le riforme in cantiere dall’attuale governo, è vista come un ostacolo alla democrazia e all’azione dei governi di destra. Ma è proprio l'equilibrio e l'autonomia dei poteri che sono alla base di una democrazia. Non quella delle banane e delle denunce continue contro giornalisti, magistrati e rappresentanti delle opposizioni. la querela di Bersani da parte del Vannacci ne è un esempio lampante e indicativo del clima intimidatorio che regna nel paese. Quel che meraviglia in questo periodo post Berlusconiano è che i suoi litigiosi e rivali eredi sono diventati alla fine più scaltri e bravi di lui. Lo vediamo nella totale disinvoltura e cinismo con i quali gestiscono il potere e le istituzioni pubbliche, a partire da Mamma Rai. In questo contesto due fatti recenti hanno catturato la mia attenzione.
1. Il primo è il progetto sollecitato dal CNEL di aumento del periodo contributivo per avere la pensione minima da 20 a 25 anni, se venisse accolto sarà un vero e proprio supplizio per i cittadini poveri e marginalizzati della nostra società. Un delitto perfetto. Lo trovo assolutamente repellente e antisociale, persino contro l’intera nazione e la costituzione repubblicana, perché in questo mezzo secolo passato ne abbiamo viste delle crisi e i nostri figli e padri hanno dovuto faticare per un avere un lavoro che non è mai stato stabile e costante. Quindi di cosa andranno a vivere nella loro vecchiaia?
2. Il secondo è l’assurdo diniego della Lega del Salvini e del Vannacci alla proposta di Tajani, Segretario di Forza Italia, di concedere la cittadinanza ai bambini degli immigrati nati in Italia, cosiddetta norma Ius Soli . E’ un rifiuto che denota, appunto, la scarsa sensibilità e soprattutto l’ingratitudine di un paese verso se stesso e il mondo. Peccato, infine, che le poltrone debbano essere occupate da chi non riesce a capire che il mondo è cambiato e che noi siamo ancora attaccati al mito della conservazione della razza italica! Ma questa è semplicemente una amara barzelletta e un remare contro i valori universali e costituzionali che prima o poi si rivelerà dannoso e controproducente.
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