J’Accuse dell’8 gennaio ’25 sulle ultime minacce di Trump: un imperatore che vuole restituire lustro ad un impero in disfacimento
J’Accuse dell’8 gennaio
’25 sulle ultime minacce di Trump: un imperatore che vuole restituire lustro ad
un impero in disfacimento
Ieri il neopresidente americano Donald Trump, ancor prima della sua salita sul trono della Casa Bianca ha tuonato parole di fuoco come un vulcano impazzito e rabbioso. Sono orrende minacce a nemici e alleati per realizzare il suo obiettivo di ripristinare la grandezza e l’autorità della sua America, “ Bring great America again”, in disfacimento in questi lunghi e disastrosi anni della presidenza Biden. Insomma, Trump se la prende con Panama che fa gestire il canale omonimo ad una società cinese e promette di invadere il paese caraibico per consentire a Washington di ripristinare il suo controllo su questo punto nevralgico. Si scaglia persino contro il vicino Canada reo di non contribuire alla sua difesa lasciata a carico dei contribuenti americani, minacciando d’imporre ingenti dazi doganali ai suoi prodotti e addirittura d’annetterselo se necessario ai fini della sicurezza americana. Poi se la prende contro la Danimarca rea di non voler vendere la Groenlandia al suo paese, vista dal neopresidente come un’area strategica per gli interessi geopolitici e commerciali. Infine tuona contro i palestinesi di Hamas: avrete l’inferno se non libererete gli ostaggi, come se gli orrori e le stragi che hanno avuto finora fossero insufficienti. Insomma non è più il Trump elettorale che è andato presso le comunità islamiche degli stati chiave come il Michigan e l’Ohio a pregarli di dargli il suo voto in cambio della promessa di ripristinare la pace e i diritti calpestati. Lo sappiamo bene cosa valgono i repubblicani e i democratici. Sono identici nel loro furore contro i più deboli e gli oppressi del mondo e persino del loro paese che pieno di disuguaglianze dove i Musk, gli Zuckerberg e i Bill Gates fanno solo a valanghe in sistema finanziario connotato da regole inique e anti-economiche dove l’economia virtuale prevale su quella reale e dove le ricchezze vengono create e cancellate come se fossero dune di sabbia. E’ l’alchimia del dollaro e direi in ultima analisi la supremazia di una moneta che costituisce la locomotiva dell’imperialismo americano, appunto quello che il neopresidente Trump vuole restaurare con la forza e le prevaricazioni annunciate.
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