J'Accuse del 7 aprile sulle misure doganali prese dall'Amministrazione Trump e le loro devastabti conseguenze sull'enomia mondiale
La crisi dell'America non può essere risolta con le misure doganali, ma attraverso una nuova rivoluzione liberale che detti nuove regole e un nuovo sistema finanziario basato sulla solidarietà e l'economia reale
Il rialzo dei dazi doganali arriva come una doccia fredda per le economie
di mezzo mondo. E’ una decisione dura ma andava presa per restituire potenza e
vitalità all’economia americana, dopo decenni di concessioni e di servitù e
aiuto ai paesi di mezzo mondo ma in particolare a quella parte di alleati
europei visti dalla nuova amministrazione Trumpiana come la causa del declino
americano per colpa delle agevolazioni e delle concessioni assegnatele dalle sistema
economico americano con il benestare delle passate amministrazioni della Casa Bianca, tutte colpevoli per non avere
difeso gli interessi americani, i produttori locali e persino i lavoratori
americani che hanno votato per Trump e che oggi si aspettano dalle nuove misure
doganali una ripresa dell’economia e un ritorno alla prosperità e a quella
promessa era dell’oro di cui parla il Tycoon nei suoi sermoni alle folle del
paese. Eppure quello a cui assistiamo è uno scempio del sistema finanziario
internazionale e uno sconvolgimento degli equilibri commerciali ed economici
sinora raggiunti e che va ripetuto secondo le parole del Presidente: “sono la causa
dell’impoverimento del paese a scpito delle economie dei paesi alleati e non. Alle
ventidue e trenta del 2 aprile il Tycoon nel suo storico discorso sul prato della
Casa Bianca usa parole inedite. Egli parla di Liberation Day, come se l’America
fosse soggetta appunto a delle servitù e catene di un sistema che concedeva agli
altri ciò che spetta al popolo ora più che mai desideroso di riprendersi il suo
mercato in mano ad aziende e multinazionali di paesi che si sono arricchiti
sulle spalle della povera gente dei produttori locali, sempre abbandonati e considerati
come marciume dalle passate amministrazioni. Trump tuona con un tono ora
sarcastico e ora euforico:
«Rilancerò il sogno americano di cui nessuno parla ormai più, generando
miliardi e miliardi di dollari che ridurranno le nostre tasse e saneranno il
nostro debito. Andremo dritto per la sua strada a dispetto dei mercati di mezzo
mondo impazziti.
In questo modo Il piano delle nuove misure doganali Trumpiane mira a sanare,
come abbiamo detto, “pratiche commerciali sleali”; ridurre il deficit
commerciale, vero tallone d’Achille dell’economia nazionale; avere entrate
fiscali pari a 6 mila miliardi di dollari in 10 anni, le maggiori per gli Stati
Uniti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. È un’offensiva che si
accompagna ai dazi del 25% all’auto e si sovrappone alle tariffe già imposte a
Messico, Canada e soprattutto alla Cina. In definitiva, lo scopo ultimo della
Casa Bianca è ribaltare gli equilibri prodotti dall’entrata di Pechino
nell’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto), avvenuta nel 2001, per
sostituire la globalizzazione avviata allora con una versione contemporanea del
mercantilismo basata sulla sfida planetaria Usa-Cina al fine di conquistare la
leadership della produzione di manifatture ed energia.
Bene o male, le misure doganali rappresentano una rivoluzione fiscale e
politica i cui risvolti interni e internazionali sono impensabili fino a
qualche giorno fa e saranno di grande impatto sull’economia, la finanza e gli
scambi commerciali internazionali. Le crisi che saranno innestate da queste misure
doganali saranno porteranno chiusure di migliaia d’imprese, spostamenti di
capitali verso i paesi più sicuri, una massiccia disoccupazione che causerà tensioni
sociali e politiche nei paesi più democratici dell’occidente aggravando ancor
di più i conflitti sociali e di classe e portando al rafforzamento di quei
partiti xenofobi e razzisti che oggi stanno crescendo in tutti i paesi europei.
Se, infine, consideriamo il piano del riarmo europeo e la guerra d’Ucraina
ancora irrisolta, siamo di fronte, nell’attuale contesto di guerre doganali e
commerciali, ad una polveriera dalla scaturiranno nuovi tensioni e probabili
conflitti regionali e internazionali. In conclusione, l’America con i dazi
varati pensa di riprendersi il suo mercato con le valanghe dei miliardi che
verranno generati da tale decisione, ma così facendo ha rotto un equilibrio che
potrebbe anche farla precipitare in una crisi mortale. Quale sarebbe stata l’alternativa
quindi? Credo che la leva fiscale usata è stata l’ultima cannonata a quest’America
che non vuole affondare prima di vedere affondati gli altri. Sebbene le sue
argomentazioni sono giuste, il metodo per il risanamento è sbagliato. La crisi
non riguarda l’Economia americana ma il sistema finanziario, economico e
commerciale che ha bisogno di una profonda riforma equosolidale. Alla fine
credo che si dovrà pensare a condividere le ricchezze e i danni che essi
generano. Solo un sistema basato sulla visione equosolidale e rispettosa delle parti
( paesi) potrebbe rilanciare l’Economia mondiale, poiché la competizione ha
solo creato più squilibri e ingiustizie nella distribuzione delle ricchezze.
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